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Blog #1 Mi hanno detto di rallentare. Parola d’ordine “decomprimere”

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Quando lo scorso Ottobre ho iniziato a pensare ai cambiamento che avrei fatto nel nuovo anno, la mia mente è subito andata allo stress che ho vissuto per il trasloco da Roma a Milano, passando per la Sicilia, qualche anno fa. Non ho chiesto aiuto a nessuno, abbiamo fatto tutto in due, dall’organizzazione, allo svuotamento della casa e lo smistamento della roba da lasciare, donare, dare via.

Per carità è stato un momento catartico, che mi ha regalato tanto, ma lo ricordo anche come due delle settimane più difficili della mia vita, quando non so cosa volessi dimostrare a me stessa e agli altri, ma mi sono sovraccaricata di ansie, pensieri e fatica pratica. Non ho delegato, ho voluto fare tutto da me, con il risultato di un accumulo di fatica e stress che avrei potuto decisamente evitare. Qualche anno e percentuale di maturità in più dopo, mi sono detta che non avrei commesso lo stesso errore, che mi sarei lasciata aiutare la prossima volta e mi sarei data tempo per vivere quel momento come meritava: serenamente.

I traslochi dicono rappresentino alcuni dei momenti più difficili e stressanti per un essere umano, ne so qualcosa. Non volevo ripetere quell’errore, così quando ad Ottobre insieme a Toni ho deciso che avremmo lasciato Milano in primavera, prima di trasferirci a Londra in autunno, ho pensato che non ci sarebbe stato niente di meglio di una vacanza post trasloco per vivere quel momento nella prospettiva di un break totale e per rilassarsi subito dopo, in una parola: decomprimere.

/de·com·prì·me·re/ diminuire la pressione. Rilassarsi dopo un periodo di stress.

Così da Milano ho preso un volo per Bali, per una vacanza di un mese dall’altra parte del mondo, poi sono rientrata in Italia passando per Milano e riabbracciando le amiche che ho lasciato qui e sono rimasta tre mesi in Sicilia. Tre mesi di mare, estate, granite e brioches (che non sono i crossant, no) inframezzati da qualche ora di lavoro ogni giorno ed un viaggio a Milano per un progetto importante. Eppure mi hanno detto di rallentare, che non era abbastanza, che essere in vacanza non vuol dire necessariamente allentare la pressione, che a volte devi staccare proprio la spina. Mi sono concessa il diritto dei liberi professionisti di avere ferie prolungate, ho rinunciato a qualcosa per prendermi cura di me stessa e la mia spalla è iniziata a stare bene un paio di mesi dopo l’inizio di questo periodo, quando ho capito che insieme al riposo fisico e mentale, dovevo iniziare a prendere degli accorgimenti. 

Le abitudini che ho cambiato

Qualche esercizio di stretching per allenare la spalla, perché tenerla ferma peggiorava la situazione (riposo sì, ma fino ad un certo punto), ho iniziato ad usare un programma per rispondere ai DM di Instagram da desktop e non da mobile (a proposito, si chiama Flume ed è gratuito, ogni tanto si impalla ma funziona meglio dell’app dei direct di Instagram, ah è solo per Mac). Mi sono ritagliata dei momenti specifici nella giornata per rispondere ad email e messaggi, in modo tale da non stare sempre con un’occhio sul telefono e i pollici impegnati a digitare, in questo modo oltre al tempo recuperato si è anche placata  l’infiammazione ai tendini e la notte sono riuscita a dormire (anche se alle 4 del mattino il mio cervello decideva di svegliarsi, forse memore dei galli di Bali).

Ho smesso di lavorare con il computer sulle gambe, seduta sul divano, in poltrona o su qualsiasi tavolo senza tenere conto dell’altezza della sedia (cosa che mi faceva lavorare curva sul computer, con le spalle sollevate fino a trasformarsi in contrattura, con conseguenti dolori e acciacchi) ed ho scoperto che esistono degli accessori che si possono usare per ripristinare il giusto rapporto “altezza-distanza” dello schermo e della tastiera, me li ha regalati il mio ragazzo documentandosi di nascosto e facendomi una sorpresa un giorno (forse consapevole che per me cercare degli accessori per ovviare agli acciacchi sarebbe stato ammettere di aver bisogno di aiuto). Magari in un altro post vi racconterò quali sono questi strumenti, così se lavorate da casa o in ufficio usate un portatile, potete prendere le giuste precauzioni ed evitare di ritrovarvi con i miei dolori.

Ho iniziato ad usare delle app per respirare, perché a 32 anni ho scoperto di non saperlo fare, che non basta quel gesto automatico di sopravvivenza che facciamo tutti, ma c’è un modo e una tecnica che se sbagliamo possono incasinarci parecchio. Non ho ancora imparato del tutto. Ho sperimentato la mindfulness, ne ho tratto i benefici quando mi è servito e poi abbandonato presa da altre cose. Sulla costanza devo ancora lavorare. 

Ho decompresso ed ho scoperto che farlo è un obbligo verso se stessi quando si vive un periodo intenso; so che farlo come l’ho fatto io è un lusso, perché non tutti possono fare il sacrificio di mettere in stop il lavoro al 70% per un periodo e dedicarsi a se stessi, ma anche che esiste un modo per farlo un po’ tutti i giorni, sostituendo abitudini che pensiamo ci facciamo stare bene, con nuovi ritmi. Che tutti abbiamo tempo libero, ma spesso non siamo disposti a trovarlo o capire come sfruttarlo, perché scegliamo di stare un’ora sul divano a scrollare il feed di Instagram, convinti che quello si chiami relax. La prossima volta vi parlerò di quando un medico mi ha chiesto “ma lei si prende mai del tempo per se stessa?” e quando gli ho risposto di sì elencando i vari modi in cui lo faccio, ho scoperto di non averlo mai davvero fatto prima di questa estate di essere stata per una vita convinta di essere una che il relax se lo concede spesso e magari vi racconterò anche di quando ho preso coscienza del fatto che non so cosa sia il silenzio. Voi pensate di saperlo?

foto di Daria Shevtsova

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