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Quando abbiamo smesso di condividere momenti di vita per non rovinarci la gallery di Instagram?

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Su Twitter la scorsa settimana dicevo: “Quando è successo che le persone hanno smesso di condividere foto e momenti per non rovinarsi la gallery di Instagram?”.

Con l’escamotage de “la gente” sembra mi sia tirata fuori da una critica che in realtà è una riflessione generale e che non mi esclude, che non punta il dito ma invita a farsi delle domande, iniziando da questa. Non è una riflessione limitata solo agli addetti ai lavori: blogger, influencer, pr, agenzie e addetti ai lavori del digital, ma anche a tutti coloro che usano Instagram, perché tutti (lasciatemi generalizzare senza dover tirare fuori statistiche che non mi competono) soffriamo il male di Instagram.

Il male di Instagram è il limite della foto perfetta

Luminosa, di qualità, con l’inquadratura giusta e l’orizzonte sempre retto. Quella che non esce fuori dal rullino senza prima essere passata da due o tre app, che molto probabilmente è prima stata scaricata da una macchina fotografica, perché con la fotocamera del telefono ci si fanno solo le Stories (almeno, per adesso) e che se stona nella palette cromatica che abbiamo scelto per il nostro feed (ndr. l’insieme di quadratini che formano la pagine di un profilo Instagram) finisce dritta nel cestino o nella cartella “queste le tengo per me”.

Niente foto di sera perché “sgrana troppo” e sia mai ad usare il flash (diciamoglielo ai produttori di telefoni che il flash lo usiamo solo come torcia per trovare i posti a sedere al cinema o le chiavi di casa nella borsa la notte), niente foto con gli amici perché non tutti sono fotogenici, non tutti si vestono in tinta con il nostro feed, non tutti rispecchiano quell’allure finto vintage o hipster che cerchiamo di costruire. Niente foto di cibo in piatti di plastica a casa della nonna perché usa la tovaglia cerata, quella che se si sporca di sugo niente ci fa, niente più foto di tutto ciò che non è instagrammabile.

Quando abbiamo smesso di condividere momenti di vita per non rovinarci la gallery di Instagram

[foto collage via @gypsylovinlight, @shrmikaela, @ohhcouture. Foto in alto via @flatlayforever]

All’improvviso siamo solo noi

Solo noi nel nostro profilo, un po’ perché più follower ci seguono più c’è la voglia di intimità, un po’ perché qualcuno potrebbe rovinare con troppa verità la favola che abbiamo costruito per quel profilo che, man mano che gusto estetico e ricerca di perfezione hanno preso il sopravvento, si è trasformato nella versione migliore di noi, quella che noi stessi ci invidiamo, che scrolliamo nelle giornate difficili dicendoci “guarda, un mese fa stavo qui e oggi sono a casa sul divano” oppure “guarda com’erano più belli qui i capelli” diventando rosiconi di noi stessi, di quei sorrisi, quei fisici, quelle gambe lunghe che invidiamo al nostro alter ego, dimenticandoci della prospettiva, che quella che abbiamo postato è la IMG_0542 ma ce n’erano altre 12 che non c’erano piaciute e fra uno scatto e l’altro abbiamo anche sbuffato pensando “ma oggi che ho in questa faccia che vengo sempre male?”.

E all’improvviso siamo solo noi, siamo passati dalle foto della tazza del caffè con filtro earlybird allo scatto professionale a prova di Pinterest, guadagnando in qualità e perdendo in veridicità. Eppure fino ad adesso ha funzionato, fino ad adesso finché anche i follower che con i digital non hanno più niente a che fare, hanno capito tutto, perché a stancarci siamo prima di tutto noi (io, voi non lo so, ma alcuni so di sì).

Perché non solo chi con i social ci lavora, tutti (i follower) sono stati attratti da quelle foto belle, bellissime, hanno scoperto le app per fare editing e hanno imparato a pubblicare quel tipo di foto o almeno a capire cosa c’è dietro. Ed hanno smesso di crederci, anche senza defolloware, hanno visto il dietro le quinte e non se la bevono più. Anche io quando ho cominciato a seguire certi profili per le splendide foto ho provato a seguire un certo stile, poi ho capito che avrei dovuto rinunciare a pubblicare molte foto perché non coerenti con la palette del feed che avevo in mente, a vestirmi in un certo modo per non stonare nelle foto, a fare certe pose per creare una certa continuità… e ho detto di no.

I follower hanno scoperto il dietro le quinte delle foto Instagram

Hanno capito che nessuno si sveglia in un letto pieno di petali di fiori, con i capelli perfetti ed il rossetto rosso (#iwokeuplikethis). Che nessuno si spruzza il profumo al parco sotto l’albero di glicine anche se perfettamente in tinta con il flacone (#fitgirl) e che se un uomo si sveglia accanto ad una donna nuda nel suo letto, avvolta da un perfetto lenzuolo bianco, accanto ad un tavolino di marmo su cui spicca un vaso di peonie fresche, difficilmente avrà come primo istinto quello di scattarle una foto (#thislife).

[easy-tweet tweet=”Quando abbiamo smesso di condividere momenti di vita per non rovinarci la gallery di Instagram??” user=”SoniaGrispo”]

Cos’è successo?

È successo che il gusto estetico si è affinato, che i fotografi sono approdati su Instagram, che le reflex hanno sostituito l’obiettivo della fotocamera, che sono arrivati gli Instagramer e le foto di spalle davanti a campi di grano/papaveri/di lavanda. Le mani che tengono coni gelato/cannoli/panzerotti pugliesi davanti a monumenti o a muri di palazzi storici minuziosamente scovati a rischio di far sciogliere, freddare, andare a male il cibo. Mani che tengono mani di spalle (#followme) e fin qui tutto bene, non c’è niente di male. Ogni cosa vive una fase iniziale, un po’ naïf, che poi si affina nel tempo diventando smaliziata, sperta.

Ma è successo che la foto bella, perfetta è diventata sempre più bella e perfetta, ha iniziato a richiedere più tempo di quello che impiegavamo prima, quanto basta perché diventasse impossibile chiedere ad un’amica “metti la mano così, no aspetta girati un po’, ma non hai una maglietta bianca così siamo vestite più simili? No scusa perché i jeans rossi sparano troppo ed io uso i filtri di VSCO, hai presente? Quelli che desaturano un po’ tutto, un po’ buietti, ecco”. Tutt’altro discorso se hai amiche blogger, perché lì allora sta tutto nel dress code, nella location in mood con il feed ed i filtri e allora è un attimo che ti porti a casa 10/15 foto perfette da postare nei giorni successivi (#lategram) senza rovinarti il profilo.

La verità è che non c’è niente di male nell’avere buon occhio ed un certo gusto, a vedere la gallery bellissima di qualcuno e a pensare “anche io la voglio!” ed abbinare le foto a quel mood tanto quanto facciamo con l’abbigliamento davanti allo specchio la mattina.

Leggi anche: I profili dei 5 cani e gatti più famosi di Instagram: Marnie, Gue, Grumpy Cat…

Il brutto arriva (ed è già arrivato) quando le foto perfette sostituiscono le foto di vita vera, quando non si fotografa quello che si mangia perché in verità il piatto figo c’è solo quando si va nel ristorante ad alto tasso d’Instagram, mentre a casa solo piatti di plastica; quando l’amore per i dettagli è solo ad uso e consumo di una foto che racconta una vita troppo edulcorata, quando le foto studiate, quelle per raccontare un prodotto, un evento, sono più di quelle che parlano di noi. Quando da influencer ci si trasforma in influenzati (dagli altri influencer e dagli standard stessi che ci imponiamo di mantenere). Quando si smette di raccontarsi per non uscire dalla comfort zone di una foto studiata per essere perfetta.

Perché la perfezione perde di credibilità, di veridicità e smette di ispirare, di influenzare ed è un attimo che dal voler avere un profilo più bello e impeccabile, ci si ritrova con un catalogo impersonale, troppo distante dalla vita vera per poter interessare a qualcuno. È un attimo che Instagram stanca perché ci sono più storie raccontate che vite vissute.

L’inversione di marcia

Ma (forse) stiamo vivendo un’inversione di marcia, abbiamo pensato che tutto stesse nella perfezione e invece le foto belle non sono solo quelle con la foglia di banano accanto alla copia di Vogue sul tavolo di vetro profilato d’ottone (3 must in una sola foto), sono anche anche il piatto di pasta cucinato a casa che racconta che gusti abbiamo e ricorda a chi ci segue che siamo lì per condividere, non per ostentare una vita che noi stessi certe volte stentiamo a riconoscere.

E se da tutto questo avete tratto che adesso vi tocca postare foto brutte, sgranate e mosse per essere sinceri o che le belle foto sono tutte false, finte e costruite, vi consiglio di leggere una seconda volta, perché non è esattamente così.

Si possono fare foto bellissime e intanto non smettere di raccontare la vita vera, perché a mostrarci quella patinata ci sono già modelle, serie tv e film; perché si è già perso il concetto di “blogger della porta accanto”, di blog usati come diari per raccontarsi, trasformati oggi in “web-magazine” per dichiarare che spazio per la vita non ce n’è (salvo quella sponsorizzata), si è perso il senso del web come spazio di condivisione disinteressato, in pochi conservano ancora la voglia di raccontarsi senza troppi filtri (e non parlo di quelli per le foto, quella è un’altra storia). Se non ricominciate a raccontare di voi per nostalgia, fatelo almeno per strategia, il digital sta vivendo un’inversione di marcia, è il tempo della vita vera.

Qualche suggerimento per influencer, follower e brand

  • Input per chi pubblica su Instagram: più foto (belle vanno bene) credibili e meno artefatte, più vit, meno ostentazione. Se prendete parte ad un evento, ricevete un prodotto, vi ospitano in un hotel, vi propongono un progetto che vi porta denaro e/o esperienze esclusive, ricordatevi che non basta mostrarlo a chi vi segue, offrite un contenuto, delle informazioni.
  • Input per chi segue su Instagram: seguite chi vi racconta qualcosa, chi vi offre spunti, informazioni, chi vi ispira, vi incuriosisce, chi interagisce. Non chi fa sfoggio di qualcosa che ottiene grazie al suo status di “influencer” senza ricambiare il favore (se è definito influencer è perché voi lo seguite, insieme ad altri, quindi come minimo potrebbe non limitarsi a fare show-off, ma offrirvi un contenuto).
  • Per le aziende: siete abituati alle campagne pubblicitarie, volete scatti professionali, foto bellissime da repostare, ok… nei vostri brief ricordatevi di specificare che il requisito principale è la credibilità. Che la foto di un influencer su una barca in mare aperto con un profumo in mano non funziona neanche se si tratta di Bianca Balti (che per l’appunto nella pubblicità di Light Blue non tiene in mano un profumo con sguardo voglioso, non accarezza il flacone assorta davanti ad uno specchio, è semplicemente bella, in costume, accanto ad un bono, perché sta raccontando un mood). Chiedete foto credibili e veritiere, non accettate scatti in location improbabili, in pose plastiche. State scegliendo ragazze e ragazzi che dovrebbero parlare a ragazze e ragazzi come loro, se li trasformate in celebrities inarrivabili tanto vale restare con Bianca Balti (che comunque su Instagram è più vera di tutte le altre).

Vi suggerisco di andare a leggere l’articolo di Mariachiara Montera “Dieci cose che non ti rendono più influencer di altri influencer” che con ironia riprende alcuni degli atteggiamenti standard e ormai replicati su Instagram e che di cui dovremmo fare a meno.

Leggi anche: Le migliori app per creare collage di foto (e video) da pubblicare su Instagram

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